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Il settore terziario in Italia è donna 

Il settore terziario comprende le società del commercio, alberghi, pubblici servizi, comunicazioni, credito, assicurazioni, consulenze, trasporti e servizi per l’impresa. Su 100 donne che lavorano alle dipendenze a tempo indeterminato 75 sono occupate nel terziario di mercato, mentre su 100 occupati dipendenti nell’industria e nelle banche solo 27 sono donne. Il terziario in Italia, quindi, è donna. Su 100 dipendenti nei servizi 51 sono donne, e a prevalere è il contratto a tempo indeterminato. Su 100 donne dipendenti nel terziario di mercato oltre 65 hanno un contratto a tempo indeterminato. 
Lo rivela un’indagine dell’Ufficio Studi di Confcommercio presentata ad Arezzo al TDLAB 2023, il meeting nazionale delle donne imprenditrici di Confcommercio.

Occupazione femminile e demografia

L’indagine mostra però che il tasso di occupazione delle donne in Italia è pari al 43,6%, contro una media europea del 54,1%. Se il tasso di disoccupazione femminile in Italia (11,1%) venisse portato al valore europeo (7,2%), si avrebbero 433mila donne occupate in più. Nel confronto tra le macro aree italiane, il tasso di occupazione delle donne al Sud è pari al 28,9% contro il 52% del Nord. 
Secondo l’analisi, la crescita economica, che poi alimenta anche i processi sociali di inclusione e una vita democratica ragionevolmente soddisfacente, dipende dal lavoro, anzi, proprio da quanti lavorano. E quanti lavorano dipende dalla demografia.

Partecipazione e benchmark europeo

L’indicazione è puntare a migliorare i tassi di occupazione e i tassi di partecipazione, cioè accrescere la quota di quanti lavorano tra quelli che vogliono lavorare, e accrescere la quota di quelli che vogliono lavorare tra quanti possono farlo. Se si equalizzasse al benchmark il nostro tasso di occupazione femminile otterremmo quasi 1,9 milioni di occupati, anzi, di occupate in più.
È necessario quindi puntare ad accrescere il tasso di partecipazione femminile. Altro problema tutto italiano è la questione meridionale. Nella partecipazione femminile il Sud si trova oltre 22 punti indietro rispetto al benchmark europeo.

Lavoro e tasso di fertilità

Secondo la ricerca, per risolvere, o almeno per mitigare, la crisi demografica bisogna mettere le donne nella condizione di scegliere liberamente se lavorare o meno, perché l’evidenza internazionale dice senza ambiguità che più le donne partecipano al mercato del lavoro più fanno figli.
Spostare il tasso di partecipazione femminile dal nostro 49% al 60% della media europea, o al 65% della Germania, non garantirebbe di avere mediamente più figli per donna, ma aprirebbe una potenzialità, come suggerito dal comportamento degli altri Paesi. Con questo tasso di partecipazione, riporta Agi, ci sarebbe la possibilità di raggiungere non solo l’Olanda e altre nazioni che si collocano solo poco sopra di noi, ma anche il tasso di fertilità dei tedeschi o dei danesi.

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