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La Spending review degli italiani non tocca il cibo

Nonostante l’aumento dei prezzi 24 milioni e mezzo di italiani non sono disposti a scendere a compromessi nelle scelte alimentari: nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità, ma non la qualità del loro cibo. La tempesta perfetta non poteva risparmiare la filiera del cibo, anzi, ha trovato proprio nelle catene di approvvigionamento globali uno dei suoi principali epicentri. Oggi il mercato italiano sembra manifestare una dinamica inflattiva dei prodotti alimentari lavorati prossima alla doppia cifra (+10%), ma ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi europei: +13,7% in Germania o +13,5% in Spagna. È quanto emerge dal Rapporto Coop 2022.

Nonostante la spinta dei prezzi i volumi di vendita “tengono”

Nonostante la spinta dei prezzi i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate, il ritorno del turismo straniero e la capacità della distribuzione di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati.  Il mercato italiano è al momento l’unico a mantenere un trend positivo dei volumi (+ 0,5% contro -5,4% Regno Unito, -3,7% Germania, -2,3% Francia e -1,3% Spagna). Questa differenza nel ritardo all’incremento dei prezzi sembra presagire un’inversione di tendenza imminente.

Il carrello è un fortino da proteggere

Di fronte a questo scenario non favorevole, la spending review degli italiani per la prima volta da decenni non tocca il cibo. 
Ritorna anche il cooking time sperimentato durante il lockdown: si passa più tempo nella preparazione dei pasti e ci si impegna a sperimentare nuovi piatti. Ma forse la maggiore evidenza del nuovo valore assegnato al cibo dagli italiani è il sorprendente mancato ricorso a un netto downgrading degli acquisti, solo -0,1%. Effetto mix negativo nel primo semestre come prima risposta alle difficoltà nelle precedenti crisi economiche. Probabilmente, con il peggiorare della situazione gli italiani vi faranno nuovamente ricorso, ma attualmente il carrello non è più la miniera da cui attingere per finanziare altri consumi, bensì un fortino da proteggere. Forse è questa una delle principali eredità del post pandemia.

Meno cibi etnici, pronti, e bio

Al tempo stesso il cibo a cui non si intende rinunciare pare essere soprattutto quello più sobrio e base. L’italianità e la sostenibilità sono gli elementi imprescindibili. Così compaiono meno sulle tavole i cibi etnici, le varie tipologie di senza (senza glutine, eccetera), i cibi pronti, e anche il bio pare subire una battuta d’arresto. La quota di italiani che autodefiniscono la propria identità alimentare improntata al biologico decresce di 7 punti percentuali, dal 18% del 2021 all’11% attuale. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili: rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato, passando dal 14,9% al 13,1% nel 2022 (-1,8%), mentre la MDD continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019).

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