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L’AI e il lavoro tra timori ed entusiasmo

Quale è la percezione dell’Intelligenza artificiale in ambito professionale? Risponde un’indagine globale condotta da Linkedin, che rileva come l’AI abbia già avuto un forte impatto sulla vita professionale dei cittadini di tutto il mondo. Il 60% degli intervistati è convinto che già nel corso del prossimo anno l’AI introdurrà nuove modalità di lavoro e altri cambiamenti significativi.
Il 69% degli intervistati poi pensa che l’AI nei prossimi 5 anni diverrà un ‘aiutante invisibile’, e in Europa gli italiani (60%) sono tra i più entusiasti.  Ma se 9 intervistati globali su 10 sono curiosi ed entusiasti di poter utilizzare l’AI al lavoro, 2 su 5 (39%) si sentono sopraffatti da questa trasformazione. Quanto alle preoccupazioni più diffuse in Italia, il 19% si sente in difficoltà a causa delle barriere linguistiche, poiché gli strumenti a disposizione sono in larga parte più efficienti e fruibili se utilizzati in lingua inglese.

Differenze di genere e generazionali

Se il 73% degli uomini a livello globale vede nell’AI un alleato sul lavoro questa convinzione è condivisa dal 65% delle donne. A livello generazionale è la GenZ a temere maggiormente di rimanere indietro nell’apprendimento delle skill necessarie a utilizzare l’AI. Forse, proprio per via di una maggiore consapevolezza della vastità delle possibili applicazioni, dei suoi pro e contro.
È infatti preoccupato il 29% degli intervistati tra 16-26 anni, a fronte del 22% dei Millenials, il 16% dei GenX e il 15% dei boomers. Timore che trova riscontro anche nelle risposte italiane sul tema delle opportunità di formazione. Il 58% dei giovanissimi vorrebbe imparare a utilizzare al meglio l’AI sul lavoro, ma non sa come accedere a questo know-how (49% boomers).

Formarsi e ampliare le proprie skills

Se in Italia il 57% dichiara di non aver ricevuto dal proprio datore di lavoro né linee guida né un training specifico volto a migliorare o ottimizzare il ricorso all’AI, al contempo, le aree in cui gli italiani vedono più opportunità di progresso grazie all’AI sono l’accesso più veloce al sapere e l’informazione (29%), l’aumento della produttività (28%), la velocizzazione dei lavori di sintesi (23%). Non mancano, tuttavia, i timori. In particolare, a preoccupare professioniste e professionisti italiani, è l’aspetto dell’adeguamento delle skills, e la mancanza di opportunità di formazione specifica in questo ambito.

Il 33% dei professionisti italiani la utilizza 

Di fatto se il 33% degli intervistati nel nostro Paese già ricorre all’AI per lo svolgimento delle proprie mansioni la stessa percentuale si sente sopraffatta dal cambiamento che potrebbe portare, e il 30% ha il timore di non riuscire a tenere il passo con l’innovazione. In ogni caso, se è difficile stimare quale sarà l’entità reale dell’impatto dell’AI sul lavoro quotidiano dei professionisti e delle professioniste di tutto il mondo nei diversi settori, è chiaro invece che le imprese per poter crescere e attrarre nuovi talenti dovranno cercare di guidare questo cambiamento. Concentrandosi, in particolare, sull’offerta di nuove opportunità di formazione.

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Varie attualità

Autunno 2023, la mappa dei rincari

Ci sono poche buone notizie sul fronte delle spese che italiani dovranno affrontare nei prossimi mesi. Sono infatti previsti incrementi significativi durante l’autunno, con costi in salita che potrebbero pesare fino a 1.600 euro per famiglia, secondo quanto annunciato da Assoutenti. L’organizzazione ha rivisto le sue stime sulle spese previste per le famiglie italiane da settembre a fine anno, considerando fattori come bollette, generi alimentari, spese scolastiche, mutui, carburante e ristorazione.

Aumenti per i generi alimentari e la scuola

Attualmente, il costo complessivo dei generi alimentari è aumentato del 10,1% rispetto all’anno precedente. Se questa tendenza dovesse persistere nei prossimi mesi, le famiglie potrebbero vedere un aumento delle spese per cibo e bevande di circa 190 euro durante il periodo settembre-dicembre rispetto all’anno precedente. A settembre, poi, con la riapertura delle scuole si prevede che le spese per il materiale scolastico aumenteranno. I prodotti di cancelleria, a causa dell’aumento dei costi delle materie prime e della produzione, registrano un aumento del 9% su base annua. Ciò comporta un aumento di circa 50 euro per una famiglia che deve acquistare tutto il materiale scolastico per un anno, a cui si aggiungono i costi dei libri di testo, con aumenti che variano dal 4% al 12%.

Ancora su i listini per benzina ed energia

I costi del carburante per auto sono anch’essi in aumento. Se i prezzi alla pompa rimarranno ai livelli attuali, le spese per il carburante aumenteranno di 107 euro per famiglia durante gli ultimi quattro mesi dell’anno, supponendo due rifornimenti al mese. Le bollette energetiche stanno diventando un’altra preoccupazione, con previsioni che indicano aumenti delle tariffe elettriche tra il 7% e il 10% nel prossimo trimestre. Considerando solo l’aumento delle tariffe elettriche, potrebbe verificarsi un aumento delle spese di 16,1 euro per famiglia nel quarto trimestre dell’anno.

Gli incrementi dei mutui variabili

Le famiglie con mutui a tasso variabile devono anche affrontare ulteriori costi. Le riunioni mensili della Banca Centrale Europea (BCE) vedranno ulteriori rincari dei tassi di interesse, con un potenziale aumento delle rate mensili dei mutui. Ipotizzando un aumento dello 0,25% nei tassi in tutte e tre le riunioni della BCE, le famiglie potrebbero vedere un aumento delle spese complessive di circa 1.170 euro rispetto all’anno precedente. Anche i ristoranti e i bar stanno aumentando i prezzi, con un aumento delle spese previste di circa 28 euro per famiglia nei prossimi quattro mesi.

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Economia

Mutui variabili: in un anno e mezzo 2.300 euro di esborso aggiuntivo

Secondo le simulazioni di Facile.it e Mutui.it, a causa del rialzo dei tassi dovuto alla politica monetaria della Bce, a gennaio 2022 chi ha sottoscritto un mutuo medio a tasso variabile ha sborsato in appena 18 mesi oltre 2.300 euro in più. Considerando le aspettative di mercato e le variazioni dell’Euribor, l’indice di riferimento per i mutui variabili, si stima che a luglio 2024 la spesa possa arrivare a superare 5.300 euro. Per l’analisi è stato preso in riferimento un finanziamento a tasso variabile da 126.000 euro, con piano di restituzione in 25 anni sottoscritto a gennaio 2022.

Oggi si pagano 270 euro in più al mese

Il tasso (TAN) di partenza di gennaio 2022 era pari allo 0,67%, corrispondente a una rata mensile di 456 euro. A seguito degli aumenti del costo del denaro messi in atto dalla Bce per contrastare l’inflazione, il tasso è salito arrivando a sfiorare il 4,95% ad agosto 2023, con una rata di circa 726 euro. Di fatto, oggi il mutuatario paga il 60% in più rispetto a inizio 2022 (+270 euro).
Sommando le cifre aggiuntive pagate ogni mese rispetto alla rata di partenza è emerso come da gennaio 2022 ad agosto 2023 l’esborso totale per il mutuatario sia stato di oltre 2.300 euro.

A inizio 2024 inversione di marcia?


Nelle ultime settimane l’Euribor a 3 mesi ha rallentato la sua salita, ma da qui alla fine dell’anno continuerà a crescere raggiungendo il picco tra novembre e dicembre 2023, quando toccherà il 3,86%.
Ciò porterebbe il tasso del mutuo medio preso in esame a superare il 5,10%, con una rata di circa 734 euro, ovvero oltre 275 euro in più rispetto a quella di gennaio 2022. La buona notizia è che con l’inizio del nuovo anno la tendenza potrebbe finalmente invertirsi, tanto che guardando alle quotazioni di marzo 2024, il tasso del mutuo preso in esame dovrebbe scendere al 5,02% per poi calare addirittura al 4,83% a giugno 2024.

Proseguono le agevolazioni per gli under 36

I giovani alle prese con l’acquisto della prima casa possono continuare a godere delle condizioni agevolate di garanzia fino all’80% almeno fino al 30 settembre, dopo la proroga di 3 mesi decisa dal governo. Secondo le simulazioni di Facile.it, oggi per un mutuo fisso al 100% senza agevolazione i tassi (Tan) fissi disponibili online per un finanziamento da 180.000 euro in 25 anni partono dal 4,75%, con una rata di circa 1.026 euro. Chiedendo la stessa tipologia di mutuo, ma godendo delle agevolazioni riservate ai giovani under 36, online si possono trovare tassi che partono dal 3,60%, corrispondente a una rata di 911 euro. Accedendo quindi alle condizioni agevolate è possibile risparmiare quasi 115 euro al mese rispetto a chi sottoscrive il medesimo mutuo, ma senza godere delle agevolazioni.

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Estate 2023: quanti italiani andranno in vacanza?

Quest’estate, circa 35 milioni di italiani si metteranno in viaggio per trascorrere le vacanze estive. Agosto è il mese più popolare per programmare le vacanze, ma sta diventando sempre più comune optare per un fine settimana di relax o un breve viaggetto “mordi e fuggi”. Per quanto riguarda l’alloggio, l’hotel rimane la scelta principale. Tuttavia, c’è il problema del caro vita: l’aumento dei prezzi ha portato i vacanzieri di questa stagione a ridurre la durata del viaggio e le spese in generale, soprattutto per alloggio, cibo e divertimenti.

Il problema del carovita

L’indagine di Federalberghi sul movimento turistico degli italiani in questa estate 2023, condotta con il supporto di ACS Marketing Solutions tra il 17 e il 21 luglio, rivela che il 41% degli italiani non potrà permettersi di fare una vacanza, principalmente per motivi economici. Anche tra coloro che partiranno, il 45% cercherà di contenere le spese, indicando un disagio economico. Il trend delle prenotazioni anticipate è tornato in auge quest’anno, con il 15% dei viaggiatori che ha prenotato la vacanza con due mesi di anticipo. Dopo i disagi causati dalla pandemia, si è tornati a programmare le vacanze in anticipo anche nell’ottica di risparmiare.

L’Italia si conferma la meta preferita

Mentre le destinazioni estere stanno diventando sempre più popolari rispetto agli ultimi due anni, l’Italia rimane la meta preferita dagli italiani stessi. Le regioni più gettonate sono la Sicilia, la Puglia, la Campania e la Sardegna, ma tutte le regioni d’Italia sono apprezzate dai viaggiatori. L’indagine rivela che saranno 34,7 milioni gli italiani che trascorreranno una vacanza fuori casa durante l’estate, con agosto come mese leader (77%), seguito da luglio (17,6%). Il mare rimane la meta prediletta, sia in Italia (82,3%) che all’estero (59,7% nei paesi vicini).

Spesa media? 972 euro a persona

La spesa media stimata per l’intero periodo estivo, comprensiva di viaggio, vitto, alloggio e divertimenti, è di circa 972 euro a persona. La spesa sarà maggiormente concentrata sui pasti (29,1%) e sul pernottamento (28,2%). Circa un terzo dei vacanzieri ha ridotto la spesa per via dell’aumento dei prezzi, mentre il 13,6% ha dovuto accorciare la durata del viaggio. Per l’alloggio, l’hotel rimane la scelta privilegiata (26,3%), seguito dalla casa di parenti o amici (26,3%), il b&b (19,9%), la casa di proprietà (13,6%) e l’agriturismo (5,6%). Rispetto alle preferenze dei viaggiatori, il 76,9% dei casi è influenzato dalla ricerca delle bellezze naturali del luogo, il 37% dall’abitudine, il 29% dalla voglia di relax e il 23,6% dalla facilità di raggiungimento della destinazione. Durante le vacanze, gli italiani dedicheranno tempo a passeggiate (77,3%), serate con gli amici (61,1%) e escursioni per conoscere il territorio (54,9%).La maggioranza dei vacanzieri utilizzerà la propria macchina (55,1%) per gli spostamenti, seguita dall’aereo (31,6%) e dalla nave (5,1%).

Ma il 41,4% dei nostri connazionali non si muoverà 

Il 41,1% della popolazione non farà vacanze tra giugno e settembre, principalmente per ragioni economiche (48,2%). In sintesi, l’indagine rivela che gli italiani desiderano trascorrere una meritata vacanza estiva, ma l’aumento dei prezzi ha portato molti a ridurre le spese e la durata del viaggio. Nonostante ciò, l’Italia rimane la meta preferita e il desiderio di viaggiare è ancora forte, anche se con maggiore attenzione alla gestione del budget.

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Varie attualità

Genitori di under 14: come cambia lo smartworking?

Il recente Decreto Lavoro, convertito nella Legge n. 85/2023, ha introdotto importanti cambiamenti riguardanti lo smart working per i genitori con figli di età inferiore ai 14 anni. Queste novità coinvolgono anche i lavoratori fragili nel settore privato e pubblico e riguardano principalmente la proroga dei termini per continuare a beneficiare della modalità di lavoro agile.
In Italia, il concetto di smart working è stato ampiamente discusso durante gli anni della pandemia da Covid-19. Tuttavia, è stato stabilito dalla Legge 22 maggio 2017, n. 81, modificata dalla Legge 122/2022, che lo smart working non rappresenta una nuova tipologia di lavoro, ma piuttosto una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Questa modalità prevede che il lavoro sia svolto in parte presso l’ufficio aziendale e in parte in remoto, a condizione che siano rispettati gli orari di lavoro giornaliero e settimanale. I lavoratori che operano in remoto hanno diritto a tutte le protezioni previste per malattie, infortuni e sicurezza sul lavoro.

Più possibilità di lavoro a distanza per alcune categorie

Nel 2021 è stato stabilito che i datori di lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato, debbano dare priorità alle richieste di lavoro agile presentate da lavoratori con figli di età inferiore ai 14 anni (senza limiti per i figli con gravi disabilità) e da lavoratori con gravi disabilità o che svolgono il ruolo di caregiver.
Il Decreto Lavoro del 2023 ha introdotto alcune novità rispetto al precedente DL Milleproroghe, che aveva stabilito la possibilità di adottare il lavoro agile senza necessità di accordo tra le parti fino al 30 giugno 2023. Il nuovo decreto ha prorogato i termini al 31 dicembre, ma solo per i lavoratori subordinati del settore privato. Per i dipendenti pubblici, la scadenza è stata spostata al 30 settembre, nonostante inizialmente non fosse prevista alcuna proroga a causa di fondi insufficienti per coprire i costi.
Tuttavia, i lavoratori fragili a rischio Covid costituiscono un’eccezione a queste scadenze. Pertanto, i lavoratori fragili (come anziani, pazienti immunodepressi, pazienti oncologici, pazienti con terapie salvavita o altre comorbilità) e i genitori con figli minori di 14 anni possono continuare a beneficiare del lavoro agile fino alle date di scadenza stabilite e secondo determinate condizioni.

Come richiedere lo smart working

Per richiedere lo smart working per genitori con figli minori di 14 anni, non è sufficiente avere un figlio di tale età. È necessario che l’attività lavorativa sia compatibile con questa modalità e che sia svolta nello stesso settore o area di inquadramento professionale, come stabilito dai contratti collettivi nazionali. Inoltre, entrambi i genitori devono essere lavoratori e nessuno dei genitori deve beneficiare di misure di sostegno al reddito per la sospensione o la cessazione dell’attività lavorativa.
Nel caso in cui questi requisiti siano soddisfatti, l’attività di lavoro agile può essere svolta senza accordi individuali fino alle date di scadenza indicate, mentre dopo il 31 dicembre 2023 per i lavoratori del settore privato o il 30 settembre per quelli del settore pubblico, sarà necessario un accordo firmato tra le parti.

Comunicazioni in via telematica

A partire dal 28 febbraio 2023, il Ministero del Lavoro ha aggiornato la piattaforma telematica attraverso la quale i datori di lavoro possono comunicare i nominativi dei lavoratori che svolgono o che iniziano a svolgere attività in modalità agile, sia con che senza accordo individuale, nonché le date di inizio e fine della modalità di lavoro agile. Tutta la documentazione necessaria è disponibile sul sito del Ministero del Lavoro.
I datori di lavoro del settore privato devono comunicare l’inizio o la proroga del lavoro agile entro 5 giorni dall’inizio o dall’ultima giornata comunicata prima della proroga. I datori di lavoro del settore pubblico devono inviare le comunicazioni entro il 20 del mese successivo all’inizio o all’ultima giornata comunicata prima della proroga.

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Economia

Digitale: per l’Italia si apre un nuovo ciclo 

La trasformazione digitale si conferma una leva economica significativa, e il suo ruolo nella ripresa economica del Paese è e sarà sostanziale.
“La combinazione di più tecnologie digitali e una maggiore velocità dell’innovazione rispetto al passato sta disegnando un’industria completamente diversa, che vedrà filiere e Supply Chain sempre più connesse e circolari – commenta Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform -. Fondamentale è il ruolo abilitante dei Digital Enabler nel trasformare produzione e processi, creare nuovi modelli di business, sfide competitive, come pure nuovi mercati. Non a caso stiamo assistendo a dinamiche a doppia cifra nella crescita di Digital Enabler e Transformer: dal Cloud Computing alle piattaforme di Cybersecurity alle soluzioni di Big Data management”.

Un mercato da 77,1 miliardi di euro

Secondo i dati della pubblicazione annuale sull’andamento del digitale in Italia, condotta in collaborazione con NetConsulting cube, nel 2022 il mercato digitale consolida una crescita del 2,4%, con un valore complessivo di 77,1 miliardi di euro. L’aumento più rilevante riguarda i Servizi ICT (+8,5%, 14,8 miliardi), sostenuto principalmente dai servizi di Cloud Computing e Cybersecurity. Andamenti particolarmente positivi anche nel segmento Contenuti e Pubblicità Digitali (+6,3%, 14,5 miliardi) e in quello del Software e Soluzioni ICT (+6,2%, 8,6 miliardi). Il mercato relativo a Dispositivi e Sistemi invece subisce un calo dell’1%, e prosegue il trend negativo dei Servizi di Rete TLC (-2,7%).

Digital Enabler e Transformer trainano la crescita futura

Se il progresso del mercato digitale è in parte frenato dalle componenti tecnologiche più mature, sarà invece trainato dai prodotti e servizi più innovativi, ovvero Digital Enabler e Transformer, il cui incremento medio annuo nel periodo 2022-2026 dovrebbe attestarsi sul 12,8%.
“Se la tendenza positiva del mercato digitale è chiara – prosegue Marco Gay – permangono tuttavia criticità, prima fra tutte la carenza di competenze digitali e l’eterogeneità nella diffusione delle tecnologie tra classi dimensionali di impresa e tra territori”.
Nel 2022 l’incremento degli investimenti nel digitale per le piccole imprese è del 2,5%, del 4,1% per le medie e del 5,9% per le grandi, a conferma della correlazione tra dimensioni aziendali e spesa digitale. 

PNRR e contesto economico due fattori significativi 

L’utilizzo delle risorse stanziate dal PNRR, insieme al contesto economico internazionale, rappresentano due fattori significativi che influenzeranno l’immediato futuro del mercato digitale.
Le stime relative ai tre anni successivi (2024-2025-2026) sono orientate a una crescita ancora più sostenuta, e si basano sull’ipotesi di un minore impatto dell’inflazione e su un maggiore impiego delle risorse economiche messe a disposizione dal PNRR per la digitalizzazione.
Si prevede pertanto una crescita media annua del mercato digitale del 4,5% nel periodo 2022-2026, fino a raggiungere quasi 92 miliardi di euro nel 2026.
“Un uso efficiente dei fondi messi a disposizione dal PNRR è il primo passo in questa direzione – aggiunge Gay – ma c’è bisogno di una politica industriale che promuova la competitività delle imprese, che aumenti la loro produttività e rafforzi la collaborazione all’interno della filiera”. 

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Suggerimenti e partner

Espositori in cartone per patatine

È risaputo che una presentazione efficace dei prodotti influisca in maniera diretta sulle vendite.

Infatti, più la merce viene esposta in maniera attraente, più aumentano le probabilità che quel determinato prodotto diventi oggetto del desiderio di chi lo osserva.

Se sei alla ricerca di un espositore per le patatine che vendi nel tuo locale, l’idea di utilizzare degli espositori in cartone potrebbe essere quella giusta per te.

Questi espositori sono una soluzione economica ed ecologica per la tua attività commerciale, e di seguito ti spieghiamo i motivi per i quali hai bisogno di scegliere un buon espositore in cartone per la tua attività.

Resistenza e facilità di trasporto

Gli espositori in cartone per patatine offrono numerosi vantaggi rispetto ad altre soluzioni di questo tipo.

In primo luogo, sono molto più leggeri e facili da trasportare rispetto ad espositori in materiali più pesanti come il metallo. Tra l’altro sono anche più ecologici, poiché il cartone è un materiale riciclabile e biodegradabile.

Inoltre, questi espositori sono molto stabili grazie alla loro struttura interna che li rende resistenti alle oscillazioni. Sono anche molto facili da montare e possono essere personalizzati con la grafica del tuo brand, per renderli veri e propri strumenti di marketing.

Presenza di ripiani e crowner

Gli espositori in cartone presentano vari ripiani su cui puoi riporre i sacchetti delle patatine. In questo modo, puoi organizzare i prodotti in modo efficace e renderli facilmente accessibili ai tuoi clienti.

Se lo desideri, puoi rendere più efficaci i tuoi espositori in cartone prevedendo anche la presenza di un crowner, ovvero una parte superiore personalizzabile che può contenere un messaggio pubblicitario o il logo del tuo brand.

Montaggio semplice ed intuitivo

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli espositori in cartone per patatine sono estremamente resistenti e duraturi nel tempo.

Sono infatti progettati per sopportare il peso di ciò che viene riposto sopra e resistere alle sollecitazioni della vita quotidiana di un negozio. Inoltre, sono molto facili da montare, grazie alle semplici istruzioni fornite dal produttore.

Possibilità di personalizzazione

Uno dei maggiori vantaggi degli espositori in cartone per patatine è la possibilità di poterli personalizzare con la grafica del proprio brand o nome del negozio.

Questo ti permette di promuovere il tuo prodotto e il tuo marchio in modo efficace, attirando l’attenzione dei clienti e distinguendoti dalla concorrenza.

Inoltre, la personalizzazione ti consente di adattare l’espositore alle tue esigenze specifiche, scegliendo il layout e il colore più adatti alla tua attività commerciale.

Rispetto per l’ambiente

Come già accennato, gli espositori in cartone sono anche una scelta ecologica e dunque utile per la tutela dell’ambiente.

Il cartone è infatti un materiale biodegradabile e facilmente riciclabile, il che significa che puoi smaltirlo in modo responsabile e ridurre al minimo l’impatto ambientale della tua attività.

Tra l’altro, spesso il cartone adoperato per realizzare tali espositori proviene da fonti sostenibili, come le foreste gestite in modo etico e responsabile.

Ciò significa che puoi scegliere un espositore per le tue patatine che sia non solo funzionale e personalizzabile, ma anche rispettoso dell’ambiente. In tal modo, potrai anche trasmettere ai tuoi clienti un messaggio positivo legato alla natura, che di certo avrà ripercussioni positive sulla tua attività.

Conclusione

In breve, gli espositori in cartone per patatine rappresentano una soluzione economica, ecologica e altamente personalizzabile per la tua attività commerciale.

Grazie alla loro struttura stabile e resistente, essi sono in grado di valorizzare i tuoi prodotti in modo efficace e di promuovere il tuo brand in modo creativo ed originale. Se stai cercando un espositore per le tue patatine più particolare, considera la versione in cartone e non te ne pentirai!

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Varie attualità

Inflazione e clima preoccupano anche GenZ e Millennial

Lo rivela l’ultima edizione della Deloitte Global GenZ and Millennial Survey, la ricerca condotta in 44 Paesi del mondo, e su oltre 800 giovani italiani: l’impennata dell’inflazione scatenata da guerra e pandemia non spaventa solo gli adulti, ma anche i ragazzi e le ragazze. Per Millennial e GenZ di tutto il mondo il caro vita è la preoccupazione numero uno. E se flessibilità, salute mentale, attenzione all’impatto ambientale e sociale sono sempre più importanti per GenZ e Millennial, molti giovani alla ricerca di un lavoro mettono in discussione la gerarchia di valori che dà senso alla vita. Tanto che in Italia, famiglia e amici sono più importanti della carriera, e i giovani attribuiscono sempre più importanza al work-life balance e al lavoro ibrido. 

Questione climatica e disoccupazione restano temi prioritari

Costo della vita, cambiamento climatico e disoccupazione sono i grandi temi che preoccupano GenZ e Millennial italiani. In particolare, il costo della vita è la preoccupazione numero uno per quasi la metà dei Millennial (46%) e il 38% dei GenZ, ma non meno rilevante rimane la questione climatica, che dovrebbe essere la priorità da affrontare secondo il 37% dei Millennial e il 34% dei GenZ. Significative anche le percentuali di chi teme la disoccupazione (29% GenZ e 26% Millennial).
Oltre a questi tre grandi temi, gli intervistati ‘mettono sul piatto’ anche scarsità delle risorse, disuguaglianza e discriminazione, stagnazione economica e disuguaglianze sociali.

Comprare casa è un obiettivo difficile da realizzare

In linea con la media globale, 50% dei GenZ e 47% dei Millennial teme di non riuscire ad arrivare a fine mese. In particolare, GenZ e Millennial italiani mostrano elevati livelli di preoccupazione per l’impatto della stagnazione economica, che incide sulla possibilità di creare una famiglia e acquistare una casa. Se l’economia non migliorerà nel prossimo anno, il 71% dei Millennial e il 63% dei GenZ italiani pensa che sarà molto difficile o impossibile metter su famiglia (47% e 50% media globale).
Più elevati della media globale anche i timori sulla casa: 71% dei GenZ e 73% dei Millennial pensa che sarà impossibile comprarne una nel prossimo anno se lo scenario economico non migliorerà.

Amici e famiglia sono più importanti della carriera

Per il 68% dei GenZ e il 71% dei Millennial amici e famiglia sono più importanti della carriera, che rimane comunque un elemento fondamentale di identità (49% GenZ, 62% Millennial). Quanto alla modalità lavorativa ideale, la soluzione più desiderata (27% Millennial, 24% GenZ) è la possibilità di stabilire in autonomia se lavorare da remoto. Inoltre, se i GenZ risultano meno stressati e in ansia della media globale (44% vs 46%), i Millennial lo sono di più (42% vs 39%), e a pesare sullo stato di salute mentale sono soprattutto le preoccupazioni sul futuro economico.
Ma nonostante in secondo piano rispetto all’inflazione, la preoccupazione per lo stato di salute del pianeta rimane una delle principali fonti di ansia per le giovani generazioni (63% GenZ, 64% Millennial).

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Economia

Nel 2026 cambio totale per operatività di un’azienda su quattro

Per un’azienda italiana su quattro il 2026 segnerà un cambio totale nell’operatività. Dopo il Covid le aziende italiane hanno già detto stop agli investimenti per lo smart working, e ora preferiscono puntare su innovazione e prodotto. La formazione poi è rivolta più a manager e dirigenti che non ai neo assunti. Sono queste le evidenze emerse dall’indagine condotta da Fòrema, ‘Strategie competitive e sviluppo delle competenze’, il sondaggio annuale sui fabbisogni aziendali nel 2023 che ha coinvolto centinaia di aziende, principalmente dell’area del Padovano e del Vicentino, molte del settore metalmeccanico.

Formare l’apice aziendale è prioritario rispetto al personale

Alle imprese è stato di individuare il livello di priorità con cui l’organizzazione intende mobilitare il proprio capitale cognitivo. Più della metà (53%) ritiene che investire nella formazione del personale abbia una priorità medio alta o alta (20%). In particolare per quanto riguarda il personale con ruoli di responsabilità (a cui un’impresa su quattro assegna priorità massima rispetto ai neo assunti), seguito dal personale operativo (21%). 
“Da quest’anno si registra anche la direzione generale e la proprietà dell’impresa come un target rilevante per l’implementazione delle strategie formative – commenta il direttore generale di Fòrema, Matteo Sinigaglia -. Nel 19% dei casi sono proprio queste figure imprenditoriali a evidenziare la priorità d’azione più alta”.

Stop a soft skills, sì a innovazione di prodotto e processi

Quanto alle aree e le funzioni aziendali che saranno maggiormente interessate da consulenze formative, gli interventi a supporto devono interessare gli uffici progettazione e sviluppo (22%), i processi produttivi (21%), l’area marketing e vendite (20%), la gestione dei sistemi informativi (19%).
Le aziende segnalano poi come particolarmente rilevanti per l’anno in corso innovazione del prodotto e dei processi (22%), digitalizzazione (21%), controllo di gestione (18%) e sviluppo dei collaboratori (16%). Escono dall’analisi i temi delle soft skills e dei modelli organizzativi smart, l’impatto ambientale della produzione, la sostenibilità sociale. E un’analisi pluriennale sulle priorità evidenzia una crescita per la digitalizzazione dei processi e delle attività.

Come sarà l’azienda fra tre anni?

Per le aspettative di medio periodo fino al 2026, legate alla trasformazione della propria organizzazione, prevale la consapevolezza che nel prossimo triennio le attività aziendali, e di conseguenza l’organizzazione, saranno cambiate rispetto alla situazione attuale. Solo il 35% non prevede cambiamenti sostanziali.
Anche se è sempre difficile fare previsioni, nel complesso il 58% converge verso uno scenario caratterizzato dall’aumento delle funzioni e delle attività aziendali, il 24% si aspetta un cambiamento radicale dell’azienda (era il 17% nel 2022) e il 30% ritiene che la struttura organizzativa sarà focalizzata su poche attività a valore.

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La sostenibilità sul lavoro è importante per un italiano su due

La sostenibilità sul lavoro diventa una priorità per un numero crescente di persone. In particolare, un italiano su due mette in pratica comportamenti responsabili anche nella propria attività lavorativa
Se nella vita privata si è sempre più attenti ai consumi, al corretto riciclo dei rifiuti, all’acquisto di prodotti green, sembra che ora ci si comporti in maniera responsabile anche nella sfera professionale.
Una tendenza positiva che contribuisce a diffondere un approccio più sostenibile sul luogo di lavoro, influenzando, in ultima analisi, il modo di agire dell’azienda nel suo complesso.
È quanto emerge dal report Deloitte dal titolo Il cittadino consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile.

Obiettivi green integrati nella strategia complessiva dell’azienda 

Stando ai risultati del report, un lavoratore su tre afferma che il proprio datore di lavoro ha avviato un processo di transizione sostenibile attraverso la definizione di un pattern di sostenibilità, con obiettivi chiari e integrato nella strategia complessiva dell’azienda. In particolare, un dipendente su due dichiara che la svolta green dell’azienda dove lavora sta procedendo tramite scelte di economia circolare in ottica di riduzione degli sprechi e di un maggiore utilizzo di materiali riciclabili nei processi produttivi. E per un lavoratore su cinque il proprio datore di lavoro sta puntando maggiormente sulle energie rinnovabili.

Più flessibilità, inclusione e coinvolgimento

Oltre all’aspetto della salvaguardia dell’ambiente, gli italiani richiedono alle aziende dove lavorano, o a quelle in cui vorrebbero lavorare, di adottare modelli di sostenibilità sociale e umana.
In questo senso, emerge tra gli italiani un interesse verso l’adozione da parte della propria azienda di modelli di lavoro più flessibili ispirati al corretto bilanciamento tra lavoro e vita privata, la promozione di azioni mirate in favore dell’inclusione sociale e della riduzione delle disparità di genere.

Come si stanno comportando le aziende?

In sintesi, un impegno concreto sui temi della sostenibilità da parte di un’impresa crea un effetto a cascata sulle persone, che per due terzi del campione interpellato si dimostra in un maggiore impegno sul lavoro, e per quattro italiani su dieci, in un più elevato coinvolgimento in ambito lavorativo. Ma pur di lavorare per un’azienda sostenibile, il 25% degli intervistati si dichiara disposto addirittura a una riduzione di stipendio. Ma come si stanno comportando le aziende?
Un italiano su tre, riferisce Adnkronos, si dichiara soddisfatto di quanto la propria azienda sta facendo in ambito di sostenibilità, e afferma che il proprio datore di lavoro ha reso disponibili risorse per incentivare l’adozione di best practice sul luogo di lavoro senza secondi fini. Ma un italiano su tre pensa che l’azienda stia attuando forme di greenwashing.