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Smart Home: continua a crescere anche nei primi sei mesi del 2023 

Tra gennaio e giugno 2023 GfK evidenzia un incremento delle vendite a valore del +12% per i prodotti smart della Tecnologia di Consumo. In particolare, crescono le vendite di Grandi Elettrodomestici connessi (piani cottura, forni, frigoriferi, lavastoviglie, asciugatrici, lavatrici) che segnano un +19,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Decisamente positiva anche la performance dei dispositivi per l’Automazione e la Sicurezza (Lampade led, termostati, visual camera, watertimer, prodotti per il riscaldamento elettrico) che crescono del +12,3%.

Ed è in crescita (+5,1%) anche il comparto che include Piccoli Elettrodomestici smart e dispositivi connessi per la Salute e il Benessere, quali, ad esempio prodotti per la preparazione del cibo, misuratori di pressione, friggitrici, prodotti per l’igiene orale, macchine da caffè, pesapersone, aspirapolveri e dispositivi per il trattamento dell’aria.

Smart Entertainment in controtendenza

In controtendenza lo Smart Entertainment, che nel periodo considerato registra un calo delle vendite a valore del -4,6%.
Questo segmento comprende prodotti con caratteristiche smart, quali, ad esempio, amplificatori, sistemi audio-video, decoder e video player – mentre non include le Smart TV.

Per alcuni prodotti, le caratteristiche di connettività sono ormai particolarmente importanti. Tra i prodotti che hanno visto incrementare di più la quota di modelli Smart sul totale delle vendite della categoria ci sono le Lavatrici smart, passate dal pesare il 2,5% del totale dei prodotti venduti nei primi sei mesi del 2019 al 25,4% nello stesso periodo del 2023.
Anche i Condizionatori e le Asciugatrici hanno visto crescere in maniera significativa l’importanza dei prodotti smart, arrivati coprire rispettivamente il 32% e il 43,5% del fatturato.

Le abitazioni sono sempre più connesse ed efficienti

Il successo dei dispositivi connessi è un fenomeno che dura ormai da qualche anno. La pandemia da COVID-19 ha portato da un lato a un’accelerazione della digitalizzazione dei consumatori e dall’altro a una riscoperta della centralità della casa.
Due tendenze che hanno portato a un potenziamento della dotazione tecnologica delle abitazioni, diventate sempre più connesse ed efficienti.

Questo trend emerge chiaramente se si confrontano le vendite dei primi sei mesi del 2023 con quelle registrate nello stesso periodo del 2019. La crescita del comparto Smart Home in questo lasso di tempo è del +84,5%.

Semplificare la vita e risparmiare energia 

Più di recente, due fenomeni che hanno trainato il successo della Smart Home sono stati, da un lato, la crescente ricerca da parte dei consumatori di soluzioni in grado di semplificare la vita, e dall’altro, l’attenzione al risparmio energetico. 
Se il 41% dei consumatori a livello mondiale è disposto a pagare un prezzo più alto per prodotti che semplificano la vita, l’incremento dei costi dell’energia degli ultimi anni ha portato sempre più persone a cercare soluzioni per contenere i consumi.
In questo senso, il controllo intelligente e da remoto di apparecchi e impianti connessi può aiutare a ottimizzare il proprio consumo energetico.

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Vodafone è il miglior operatore 4G 

Nella classifica di Altroconsumo Vodafone ottiene 34.447 punti, seguito a grande distanza dagli altri 3 operatori: Iliad (24.497 punti), Tim (23.715), e WindTre (23.037). È quindi Vodafone il migliore operatore di rete mobile 4G in Italia nel 2022. Rispetto al 2021, però, tutti gli operatori hanno avuto un incremento delle performance, che deriva principalmente dai miglioramenti di velocità di download. È quanto emerge dall’indagine di Altroconsumo sulla performance dei provider di telefonia mobile, effettuata con il contributo di oltre 20.000 utenti tramite l’app CheBanda, che misura la qualità della rete mobile del proprio operatore.

In testa anche per velocità di download e upload

Il contributo dei consumatori ha permesso di valutare una serie di parametri, come velocità di download e upload, qualità di navigazione su siti internet e qualità della visione di video. Il test misura la velocità di trasmissione per scaricare dati nello smartphone e inviarli. Poiché questi parametri impattano non soltanto sul tempo necessario a ricevere e inviare file, ma anche sul tempo necessario ad accedere e interagire con siti internet, sono estremamente importanti e influenzano ulteriori parametri di qualità d’uso. E Vodafone risulta ancora in testa, con 51,2 Mbps per download e 11,9 Mbps per upload, + 28% di velocità di download rispetto al 2021.

I parametri per la navigazione e lo streaming

Il test monitora anche l’accesso ad alcuni tra i siti internet più visitati, verificando se la pagina si apre correttamente e quanto tempo è necessario ad accedervi. Se il ritardo complessivo è inferiore a 10 secondi la qualità di navigazione (Qnb) viene considerata buona. Un ritardo superiore o un fallimento nell’accesso alla pagina vengono considerati negativi. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo. In più, il test verifica il tempo di caricamento e di attesa del video selezionato, eventuali pause (buffering) e tempi di attesa. Per ritardi inferiori a 12 secondi la qualità di streaming (Qsb) viene considerata buona, mentre ritardi superiori o un fallimento nel caricamento del video vengono considerati negativamente. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo.

Il 5G migliora le performance, ma non la “latenza” 

Le misurazioni sono state effettuate dagli utenti utilizzando la miglior tecnologia mobile: la maggioranza dei test è avvenuta in 4G (89%), poco oltre il 2% in 3G, un valore inferiore a 0,5% in 2G, e oltre l’8% in 5G. Per quanto riguarda il 5G, riporta Adnkronos, il miglioramento delle performance delle reti mobili è notevole rispetto al 4G. Il 5G promette un miglioramento sulla velocità di download, effettivamente già percepibile per tutti gli operatori valutati. Infatti, si passa da valori che si aggirano intorno ai 40 Mbps del 4G a velocità che arrivano a 80 (WindTre) e 90 Mbps (Iliad), fino ad arrivare a circa 150 Mbps per Vodafone e Tim. Al contrario, le valutazioni positive nei confronti della latenza (il tempo che intercorre tra un’azione dell’utente e l’effettiva risposta della rete), diminuiscono considerevolmente per il 5G rispetto al 4G.

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Mercato del lavoro nel Terziario: si accentua il gender gap 

Le donne che lavorano nel settore Terziario ricorrono più spesso al part time e hanno minori possibilità di avanzamento di carriera, restando ancora in netta minoranza nel middle management. Di fatto, la pandemia ha accentuato il divario retributivo tra i generi. Inoltre, la conoscenza delle tecnologie ha assunto un ruolo decisivo nel processo di vendita, e lo sviluppo di nuove competenze è diventata una necessità avvertita da tutti i quadri del settore, con il 66% delle aziende che ha reagito alle restrizioni puntando sull’e-commerce. Sono alcuni dati emersi dalla ricerca sull’evoluzione del mercato del lavoro nel settore terziario, commissionata da Quadrifor, l’Istituto per lo sviluppo della formazione dei quadri del Terziario, ed Ebinter, l’Ente bilaterale nazionale del Terziario.

Resta significativo il gender pay gap

Il campione esaminato dalla ricerca ha coinvolto 407.929 lavoratori dipendenti, 172.316 impiegati a tempo pieno, 225.870 impiegati a tempo parziale e 9.743 quadri. La retribuzione media di un impiegato a tempo pieno è di 1.300 euro, che scendono a 850 per gli impiegati part time. Di questi, quattro su sei sono donne. La distanza retributiva tra i due sessi appare ancora marcata, con significative differenze in base a titolo di studio, età, posizione geografica dell’azienda e settore di appartenenza. Tra coloro che hanno un contratto a tempo pieno e un titolo di studio elevato aumenta il divario tra la busta paga di uomini e donne, mentre non produce sostanziali differenze in caso di tempo parziale.

Retribuzioni: il divario maggiore si registra nel settore dei servizi

Le retribuzioni maschili del Terziario a tempo pieno sono più alte in tutto il Centro-Nord, per avvicinarsi solo in Abruzzo e Campania. Il divario maggiore si registra nel settore dei Servizi, e tra coloro che aderiscono ai Contratti collettivi nazionali di lavoro di Confcommercio e Federdistribuzione. Le donne che lavorano, part time, invece guadagnano più dei colleghi uomini. La differenziazione per genere è ancora più evidente tra i quadri. Per le donne la crescita retributiva si arresta, infatti, nell’intervallo tra i 35 e i 44 anni, per gli uomini raggiunge l’apice tra i 45 e i 54 anni.

Titolo di studio e retribuzione

Per le donne sembra esistere un rapporto diretto tra retribuzione e titolo di studio, con la prima che cresce tra quante sono in possesso di laurea o master. Per gli uomini, invece, non si riscontra un legame diretto tra i due elementi.
Varia anche la distribuzione geografica: le donne attive nel Terziario guadagnano più degli uomini in Val d’Aosta e Basilicata, molto meno nella Provincia autonoma di Bolzano. Inoltre, il divario tra generi è contenuto per i contratti inquadrati nel Ccnl di Confcommercio, più significativo per quello di Federdistribuzione.

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Città sostenibili: a che punto sono i capoluoghi italiani?

Le città italiane diventano sempre più resilienti e green, ma a che punto siamo? La mobilità oggi è più sostenibile, con chilometri di piste ciclabili cittadine che raggiungono valori record a Torino, Milano e Bolzano, ma anche lo stile di vita è più attento all’ambiente, con l’aumento degli orti urbani, in particolare a Napoli dove, dal 2011 al 2019, crescono del 1230%, da meno di un ettaro a circa 12.
Significativi progressi si registrano nel cambio di mentalità sul concetto di rifiuto, che da scarto è sempre di più concepito come una risorsa. Tra tutti i capoluoghi è Trento a raggiungere la percentuale più alta di raccolta differenziata, ma gli aumenti più importanti nel periodo 2015-2019 si registrano a Catanzaro (+577,1%), Potenza (+214,7%) e Palermo, che pur rimanendo ancora su valori al di sotto del 20% (17,4%), segna un aumento di circa il 115%.

Vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici

Sono queste le tendenze descritte nel Rapporto SNPA Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale, che per la prima volta presenta una lettura dei trend ambientali delle 20 città capoluogo, oltre a Bolzano, nell’arco temporale di 5 anni. Le chiavi di lettura utilizzate dal Rapporto sono tre: vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici, e fotografano la transizione dei capoluoghi italiani verso la sostenibilità urbana. Ma le perdite idriche, la fragilità del territorio e l’uso poco sostenibile del suolo rimangono i veri talloni d’Achille.

Roma è la capitale italiana ed europea delle voragini

C’è infatti ancora molto da fare in ambito cittadino se si parla di fragilità del territorio e uso corretto del suolo. La popolazione residente in aree a rischio idraulico medio varia significativamente dalle 191 persone di Potenza a quasi 183 mila di Firenze, mentre il consumo di suolo avanza senza sosta in quasi tutti i capoluoghi, e le infrastrutture verdi non segnalano incrementi significativi. A questi problemi si aggiunge anche il rischio sinkholes (o sprofondamenti) ormai presente in quasi tutte le città italiane, con Roma che con un totale di 1088 eventi dal 2010 al primo semestre del 2021, si conferma la capitale italiana ed europea delle voragini.

Tra le note dolenti le perdite idriche

Tra le note dolenti anche quella delle perdite idriche, che nel 2018 restano sempre elevate nella maggior parte delle città campione, con alcuni casi in cui i valori superano il 50%.  Anche se con valori altalenanti, sono solo 8 le città che riducono le proprie perdite, con in testa Napoli, che passa dal 41,2% del 2012 al 31,6% del 2018. Si conferma, quindi, alto lo spreco di una risorsa naturale, che specialmente in questo 2022, vediamo sempre più minacciata dal cambiamento climatico.

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La città più cara al mondo è Tel Aviv. Roma scende al 48° posto

Nel Rapporto annuale 2021 del ‘Worldwide Cost of Living Index’ del gruppo Economist Tel Aviv conquista la vetta della classifica delle città più care in cui vivere. Nel 2021 la città più cara al mondo è infatti la metropoli israeliana, che supera Parigi e Singapore, entrambe al secondo posto, e dalla quinta posizione passa alla prima.  Secondo il Rapporto, la crescita di Tel Aviv riflette “l’impennata della sua valuta e gli aumenti dei prezzi per circa un decimo delle merci in città, trainate dai generi alimentari e dai trasporti, in valuta locale”. Allo stesso modo, anche i prezzi degli immobili sono aumentati, soprattutto nelle zone residenziali. L’italiana Roma invece è protagonista di una forte discesa, e dal 32° posto nel 2020 passa al 48° di quest’anno, con un calo particolarmente marcato nel suo paniere della spesa e nelle categorie dell’abbigliamento, riporta Ansa.

Teheran nel giro di un anno sale dal 79° al 29° posto

Se Roma ha avuto la maggior discesa, il salto più grande, ma in su, lo ha fatto Teheran, passata dal 79° al 29° posto: con le sanzioni statunitensi i prezzi della capitale iraniana sono infatti decollati.
“La riproposizione delle sanzioni statunitensi all’Iran – ha sottolineato il Rapporto – ha portato a continue carenze di merci e aumento prezzi di importazione”.

Nella top ten anche New York, Ginevra e Copenaghen

Di fatto, l’indice Worldwide Cost of Living fa riferimento ai prezzi di New York City, quindi le città con valute più forti rispetto al dollaro Usa sono più in alto nella classifica. Ad esempio, Zurigo e Hong Kong nel 2021 risultano in quarta e quinta posizione, dopo essere state in cima alla classifica lo scorso anno insieme a Parigi. Ma nella top ten si piazzano anche New York, Ginevra, Copenaghen, Los Angeles e Osaka, mentre Tokyo, Vienna, Helsinki, Londra, Francoforte, e Shanghai sono alcune città presenti nella top 20.

In assoluto la città più economica è la siriana Damasco

In media i prezzi dei beni e servizi, presi in considerazione in questo indice, sono aumentati del 3,5% su base annua e in valuta locale, rispetto a un aumento di appena l’1,9% nello stesso periodo dello scorso anno. Di fatto i problemi sono aumentati con la pandemia, ma anche la crescita del prezzo del petrolio ha avuto pesanti conseguenze in tutti i settori. In assoluto la città più economica, perché martoriata da anni di guerra, è la siriana Damasco, che inoltre ha sofferto come Teheran, Caracas in Venezuela e Buenos Aires, di un’inflazione altissima.

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La felicità e il benessere? Te li regala il cucciolo di casa

Il lockdown sarebbe stato molto più duro senza Fido o Micio. Ne sono convinti gli italiani, moltissimi, che condividono vita e spazi con un animale domestico. E’ questo il primo dato che emerge dal sondaggio che Federchimica Aisa ha realizzato in collaborazione con Swg per comprendere a fondo la natura del rapporto che lega gli italiani ai 60 milioni di animali domestici presenti in Italia. In particolare, il periodo più severo delle restrizioni è stato confortato proprio dalle presenza di cani e gatti, considerati preziosi dall’80% dei rispondenti. In generale, un animale da compagnia in famiglia viene visto come un importante contributo alla salute psicologica e un supporto allo sviluppo dei bambini.

Un italiano su due ha un animale 

La ricerca ha messo in luce che ben un italiano su due possiede un animale domestico. Il 67% degli intervistati ha dichiarato di aver accolto in casa un pet per avere compagnia, e la percentuale sale ancora di più (73%) tra gli individui che non hanno figli. Insomma, cani, gatti,, criceti e furetti diventano a tutti gli effetti dei veri e propri membri della famiglia e così sono considerati da oltre il 90% del campione. Tra gli animali da compagnia, è il cane quello preferito dal 62% dei rispondenti, mentre il gatto ha un gradimento che tocca il 55%. Infine, una buona percentuale di italiani – il 27% – ha scelto di condividere la propria esistenza con specie più originali, come pesci, volatili, roditori e animali esotici come serpenti e iguane.

Questione di affetto

“L’essere umano nasce con un forte desiderio di relazione con gli animali, basti pensare ai bambini. Gli animali compaiono nei fumetti, nelle fiabe, nei giocattoli e da adolescenti i supereroi hanno di nuovo caratteristiche animali come Batman o Spiderman” ha precisato l’etologo Roberto Marchesini. “Tutto questo ci fa capire che l’essere umano è affascinato dal mondo animale e quindi forse in questo periodo semplicemente c’è un maggior interesse verso l’aspetto affettivo, forse ricerchiamo negli animali qualcosa che non abbiamo e che ci manca”. Qualunque sia la ragione, gli italiani hanno stretto negli anni un legame sempre più stretto con gli amici a quattro zampe, percepiti come “portatori” di felicità, allegria e benessere. Mai senza un compagno a quattro zampe, quindi.

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Italiani e social, siamo gli ultimi d’Europa

Sorprende davvero questo “verdetto” di Eurostat: in Europa, siamo gli ultimi in termini di utilizzo delle piattaforme di social network. Alzi la mano invece chi non ha la sensazione che tutti i nostri connazionali, in particolare modo le nuove generazioni, siano sempre incollarti ai loro device a controllare post, immagini e video sui principali social, come Facebook, Instagram, TikTok e affini. Invece siamo lontanissimi dall’essere dei veri e propri social addicted, battuti in classifica addirittura da paesi come la Turchia.

Perché siamo i fanalini di coda: in primis la rete è…

A stilare la classifica dei popoli più affezionati alle varie app social è Eurostat nel suo “Regional yearbook 2021 edition”, che ha analizzato chi e dove si collega di più. Il fatto che gli italiani non siano dei fan così accaniti, però, non è da attribuire a un cambiamento culturale, ma principalmente al ritardo nella connessione soprattutto in alcune zone del Paese, ovvero diverse aree del Sud e delle Isole. Resta però la sorpresa che in base ai dati noi ci collochiamo in coda alla classifica con la minor partecipazione ai social network, ovvero il 48%.

Metà degli europei partecipa ai social network

I dati di Eurostat certificano che più della metà della popolazione adulta nella zona Ue (il 57%) ha partecipato ai social network. Il tasso di partecipazione per i giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni (87%) è stata quasi quattro volte superiore al tasso corrispondente agli anziani di età compresa tra i 65 e i 74 anni (22%). In questo scenario, però, non mancano ulteriori sorprese: durante l’ultimo quinquennio (il 2015-2020 per il quale sono disponibili i dati) la quota di giovani che partecipano ai social network è cambiata poco o nulla. Invece, e sta qui la novità, la percentuale di persone anziane che utilizzano queste piattaforme è quasi raddoppiata nello stesso periodo. 

I più social? Islandesi, norvegesi e danesi 

A questo punto resta da scoprire chi si piazza ai primi posti della classifica europea relativa alla penetrazione dei social. Al primo posto c’è l’Islanda (94%), seguita da Norvegia (88%) e Danimarca (85%), specifica l’Ansa. Le ampie differenze nei tassi di partecipazione ai social sono in parte legate al fatto che le persone siano o meno connesse a Internet, in zone che Eurostat definisce “regioni prevalentemente rurali o ultraperiferiche”. Considerati i dati relativi all’Italia, siamo decisamente indietro per quanto riguarda la connessione alla rete. 

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Italiani, l’80% invecchia bene: la salute in primo piano

Si sa che l’Italia è un paese che conta moltissime teste d’argento: ma come vivono le persone più in là con gli anni? Tutto sommato bene, come rivela una recente ricerca realizzata da Doxa Pharma per Nutricia FortiFit attraverso interviste online a 500 italiani con più di 60 anni per monitorare il loro stato di salute e la percezione del proprio benessere psicofisico. In particolare l’analisi ha suddiviso gli anziani italiani in tre categorie: i Perennials, che sono il 40% del totale, che hanno un atteggiamento produttivo e positivo nei confronti della vita; i Silver Lines, più cauti rispetto ai precedenti ma comunque attenti al benessere e ai rapporti sociali e che sono un altro 40% del campione; infine i Gloomers, 20% della popolazione over italiana, rappresentato in prevalenza da donne e che vivono l’età con una certa stanchezza e disimpegno.

La salute? Buona o ottima per quasi il 70%

Un indicatore interessante è che il  43% del campione totale definisce “buono” il proprio stato attuale di salute, il 19% “molto buono” e il 5% addirittura “eccellente”, facendo così che il 67% dei rispondenti sia positivo in merito al proprio stato fisico. Per mantenere e migliorare la propria salute, il 56% degli intervistati ha dichiarato di sottoporsi regolarmente a controlli ed esami e il 52% di fare movimento e attività fisica, il 40% segue una dieta o mangia in maniera più corretta, il 25% usa integratori alimentari e il 12% ricorre anche ad alcuni trattamenti specifici (fisioterapia, terme, massaggi…). Meglio ancora per la forma mentale: l’85% degli over 60 italiani si sente soddisfatto dal proprio stato di forma mentale (memoria e capacità di concentrazione) e il 68% dalla propria energia e vitalità nello svolgere le attività quotidiane. Soffrono di più invece le articolazioni, muscoli e ossa, che vedono alzarsi e di molto le percentuali di chi non ne è soddisfatto. Per far fronte ai problemi di salute, il 36% degli intervistati ha fatto ricorso ad integratori alimentari, il 33% a farmaci, il 24% ha modificato il proprio stile di vista prestando più attenzione all’alimentazione e il 19% aumentando l’attività fisica, il 18% ha utilizzato prodotti naturali/erboristici/omeopatici e il 9% ha iniziato un ciclo di fisioterapia.

Obiettivo benessere

Ma cosa desiderano per se stessi i “grandi” d’Italia? In generale, il benessere rappresenta la maggiore aspirazione futura per il 73% del campione (le donne sono più propense a raggiungerlo attraverso l’alimentazione, gli uomini tramite l’attività fisica), seguito dai viaggi (54%), dai rapporti sociali (46%), dalla cultura (43%) e dalle finanze (33%, soprattutto per gli uomini e per chi si prende cura dei nipoti).

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Il ruolo degli influencer per la Generazione Z

Per i ragazzi tra i 18 e i 24 anni gli influencer hanno un ruolo importante nello scoprire nuovi brand e prodotti. A discapito della giovane età, i giovani della Generazione Z sono “autocentrati” ma al tempo stesso responsabili, fiduciosi nella tecnologia ma diffidenti sulle questioni della privacy. Ma non tutti i ragazzi hanno lo stesso approccio al consumo: c’è chi cerca un appagamento personale e chi esibisce prodotti e servizi come marcatore sociale. Sulla base dei differenti bisogni, aspettative e comportamenti di acquisto, una ricerca di Buzzoole, in collaborazione con Koniqa, ha identificato sette profili rappresentativi dei GenZ italiani: leader, narcisista, attivista, classico, funzionale, affettivo ed edonista.

Leader, narcisista, attivista o old fashioned?

Il leader (25%) è il cluster più numeroso. Dotato di buona capacità di spesa e di un livello di scolarizzazione medio basso, ha come pulsione principale il bisogno di successo e di dominio sugli altri. Per gli acquisti si affida a influencer competenti nel proprio settore. Per il narcisista (21%) il motore emotivo è l’autoaffermazione personale, e per gli acquisti si affida a influencer che hanno molti follower. L’attivista (17%) invece è caratterizzato da un forte senso etico e ha un forte senso di responsabilità: acquista prodotti che ispirano fiducia sulla sostenibilità.

L’old Fashion (15%) è uno dei cluster di età più giovane (18-19 anni) e a prevalenza maschile. Tradizionalista, mostra scarso interesse verso le innovazioni. Cultore di prodotti vintage, per scoprire nuove marche e tendenze si affida agli influencer preferiti.

Il funzionale, l’affettivo e l’edonista

Quanto al funzionale (11%), è di età media elevata e vive principalmente in grandi città metropolitane. Per lui gli acquisti hanno una forte componente razionale e di incubazione-ponderazione. Confronta sempre i prezzi e legge le recensioni prima di acquistare qualcosa.

L’affettivo (7%), al contrario, ha bisogno di affettività e ha una generale pulsione gregaria che scaturisce dal desiderio di sentirsi accettato. Si affida a influencer competenti nel proprio settore. L’edonista (5%) è a metà tra la ricerca di rassicurazione e il narcisismo. Mediamente più adulto (24 anni), è caratterizzato da un forte bisogno di fuga-rimozione dai problemi, che mette in pratica attraverso meccanismi di consumo per auto-gratificazione. Le marche preferite sono quelle che migliorano la sua vita nel quotidiano.

La “prova sul campo” è fondamentale anche per questa generazione 

Per la Genz le informazioni più rilevanti per la scelta di un prodotto o di un servizio sono quelle che arrivano dai propri pari: recensioni online (75%), passaparola (74%), foto e opinioni sui social network (70%). La voce ufficiale dei brand per loro continua a essere rilevante, sebbene le informazioni fornite su sito, pagine social e rivenditori siano messe a confronto con la voce autorevole di esperti (67%), blogger (66%), influencer (58%) e siti di comparazione prezzi (68%).  Ma nonostante un processo sempre più digitalizzato, riporta Ansa, il prodotto e la “prova sul campo” si confermano fondamentali anche per questa generazione (68%), consegnando al punto vendita un rinnovato vigore.

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Casa, per gli italiani è una priorità: 6 su 10 la proteggono con un’assicurazione

Per gli italiani la casa è un bene primario, quasi sempre la proprietà più preziosa (e costosa) che si possiede. Come confermano anche i dati Istat, nel nostro Paese circa l’80% degli abitanti sono proprietari della casa in cui vivono. Non sorprende quindi che i nostri connazionali vogliano proteggerla: lo conferma una recente indagine che rivela che sei italiani su dieci hanno assicurato la propria abitazione o intendono farlo. Come riporta la ricerca di Prima Assicurazioni commissionata a Nielsen: “Il 62,4% ha assicurato la casa o è in cerca della polizza per proteggere la propria abitazione da incidenti, furti ma anche da eventi naturali”. La percentuale sale al 67,4% se si considerano i proprietari di casa, mentre cala al 42,2% guardando ai soli affittuari. Includendo ancora proprietari e affittuari, il 37,6% degli intervistati ha già acquistato una polizza casa, mentre il 24,8% è in cerca del prodotto su misura per le proprie necessità.  

Come si sceglie un’assicurazione casa?

Ma come si sceglie un’assicurazione sulla casa? Il 55% di chi ha questo tipo di copertura l’ha acquistata dal proprio agente assicurativo, mentre il 30% degli assicurati ha scelto la banca e il 15% si è affidato alle assicurazioni on line. Va però sottolineato che il 29,4% di chi ha un prodotto casa ha un mutuo che rende obbligatoria per legge almeno la garanzia incendio e scoppio, quasi sempre erogata dalla banca stessa.

Le garanzie più scelte: gli eventi naturali fanno paura 
Analizzando i rischi che più preoccupano gli italiani in merito all’abitazione, sono gli eventi naturali quelli che spaventano maggiormente. D’altronde, riporta l’indagine, “In un territorio sismico e sempre più soggetto a “bombe d’acqua” per le piogge torrenziali, oltre un italiano su due che assicura la propria casa la protegge da alluvioni, terremoti e altri eventi atmosferici o naturali imprevisti”. Proprio per questa ragione, è ben il 52,3% degli assicurati che ha scelto di tutelarsi da eventuali danni causati da eventi atmosferici e altri eventi naturali imprevisti. Le garanzie più scelte in assoluto sono quella da danni causati da incendio e scoppio, che è però obbligatoria per legge in caso di mutuo, acquistata dall’83,8% di chi ha comprato una assicurazione casa, e la protezione da furti in casa, copertura scelta dal 66,8% di chi ha stipulato un’assicurazione. Ma il desiderio di mettersi al riparo dagli imprevisti si estende anche oltre i muri della casa. Infatti il 63% dei possessori di una polizza casa ha anche acquistato una polizza famiglia o infortuni, dimostrando una tendenza culturale che associa la protezione dell’abitazione a quella del nucleo familiare.